Biographie
LUCIANO ASCENZI, LA PITTURA COME RAGIONE DI VITA
Dipinge da un ventennio Luciano Ascenzi, da quando è riuscito a trasformare la dolorosa esperienza di degente presso l’Ospedale di S. Salvi a Firenze, in una rinascita della propria persona e della propria interiorità, in una ragione di vita e di riscatto sociale che ha trovato terreno fertile nella sua naturale predisposizione e interesse all’arte.
Un percorso iniziato da autodidatta, animato da un grande fervore di conoscenza e di sperimentazione che lo ha condotto ad accostarsi inizialmente all’espressionismo, dando vita ad immagini di figure, animali e simboli di cruda e allucinata forza visionaria, derivante da laceranti turbamenti della sua anima. Poi, lentamente, a costo di tanti sforzi e sofferenze, lo spirito si acquieta, trova finalmente la calma e la pacificazione e la pittura diviene mezzo per comunicare sensazioni ed emozioni, specchio della realtà nei volti delle persone che lo circondano e che gli vogliono bene.
Nasce così un repertorio di ritratti e di autoritratti - purtroppo decimato da una funesta fase iconoclasta - quasi sempre di notevoli dimensioni che si stagliano su fondi pastello, nettamente contrastanti con la figura dai tratti fortemente marcati e dai contorni che sembrano ritagliati, a produrre volutamente l’effetto mosaico, o come preferisce definirlo lo stesso artista, quello tipico della carta da gioco. All’aspetto bidimensionale e stilizzato corrisponde però un assoluto equilibrio formale e un vivace rigore disegnativo in grado di scoprire un’intensità psicologica che si fa introspezione profonda e partecipe. Immediato è l’impatto e superba l’iperrealista resa espressiva, a connotare il carattere singolare e personalissimo di questa pittura, sicuramente molto più concettuale e raffinata di quella che si è soliti raggruppare sotto la denominazione di “Art Brut”.
Oltre all’indubbia qualità pittorica, nell’opera di Luciano Ascenzi troviamo una testimonianza vissuta in prima persona, un inno alla vita, una grande lezione di umanità.
GABRIELLA GENTILINI
Firenze, febbraio 2010